Etimologia nomi da facebook pag4 - Bentivoglio e dintorni

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Etimologia dei nomi dialettali degli uccelli della Pianura Bolognese



 
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AVOCETTA
 
BECCH-ARVERS
L’ avocetta è un uccello di piccole-medie dimensioni, con elegante livrea bianca e nera con zampe estremamente lunghe, se rapportate alle dimensioni della specie, e di colore grigio. Presenta un volo aggraziato con battute d’ala piuttosto lente; spesso si riunisce in piccoli gruppetti e quando sono in volo, l’alternarsi del bianco e del nero nel corso delle loro evoluzioni, offre una suggestiva visione.
Fino a qualche decennio fa’ assai rara e frequentatrice occasionale nelle aree umide del basso bolognese solo nel corso delle migrazioni sia primaverile che autunnale, oggi in ripresa e piccoli stormi risultano svernanti ed anche nidificanti, come si può vedere nella foto di un pullo della specie. Dicevamo uccello raro fino agli ultimi decenni del secolo scorso e forse proprio per questo, specie ambita dai cacciatori: infatti nelle piccole collezioni private di uccelli impagliati che ho potuto visitare di amici e conoscenti molto spesso l’avocetta faceva, purtroppo, parte della collezione; e tutti rimarcavano, tra le caratteristiche, la rarità della specie, la bellezza e soprattutto il caratteristico becco. Infatti, l’avocetta presenta un lungo becco , sottile e ricurvo verso l’alto. Certo, ci sono altri uccelli con il becco ricurvo, penso al chiurlo, al mignattaio,, ma in queste specie il becco è rivoltato verso il basso e per alimentarsi “beccano” muovendo il capo, appunto dall’alto verso il basso; l’avocetta invece affonda il becco nell’acqua per catturare con movimento verso l’alto, piccoli insetti e molli animaletti; ed è questa sua caratteristica a dare il nome dialettale a questa specie che viene chiamata becch-arvers ; anche il nome scientifico, Recurvirostra avosetta risente di questo particolare; infatti il genere di appartenenza della specie viene chiamato recurvirostra dal latino “recurvus” e “rostrum”, rispettivamente ricurvo e becco. Una curiosità: in alcuni ristretti areali della bassa bolognese, ma anche del ravennate, l’avocetta veniva chiamata anche becch a leisna o solamente leisna; e questo perché il becco, così ricurvo verso l’alto, e molto somigliante alla lesina, arnese da calzolaio, costituito da un grosso ago ricurvo e assai appuntito, sostenuto da un corto manico, con cui si forava il cuoio per poterlo cucire.

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CESENA
 
“lncu a voi dscarrer dla CLULBÈLA” (oggi voglio parlare della CESENA); della famiglia dei tordi, della dimensione di un merlo, la CESENA è riconoscibile dall'aspetto tricolore delle parti superiori: testa e groppone grigi, dorso bruno e coda nera, mentre il petto chiaro mostra strie di chiazze brune con sfumature ocra. Frequenta gli ambienti boschivi e terreni coperti di arbusti e cespugli e nella bassa bolognese arriva nel tardo autunno-inizio inverno proveniente dall'areale alpino dove nidifica. E’ una presenza quantitativamente variabile, da poche unità a diverse
decine nelle diverse annate, variabilità probabilmente dovuta alle condizioni meteorologiche, in particolare dell'arco alpino.
Nelle fredde mattine invernali è facile incontrare, gruppetti di CESENE nei pressi di cespugli di biancospino ancora carichi di bacche rosse di cui sono ghiotte ed il loro avvicinamento ci viene preannunciato dal loro insistente chiacchiericcio, un forte ed aspro "tdack-tciack-toiack (per questo loro richiamo nel modenese viene chiamata CIACARON). Ma perché CLUMBÈLA in dialetto bolognese? Pare non esista una valida argomentazione per motivare tale nome dialettale, anche se il termine CLUMBÈLA è, nella bassa bolognese, utilizzato e conosciuto dalla stragrande maggioranza dei cacciatori (almeno quelli più anziani); va detto, aI proposito, che tutta la letteratura ornitologica del' 800 e del 900 cita il termine CLUMBÈLA (o columbeina) per individuare la CESENA. :Nel suo "AVIFAUNA ITALICA" Enrico Giglioli nel 1886 cita il suddetto termine dialettale per indicare il turdus pilaris, nome scientifico della cesena, allora chiamata "tordela gazzina".
È certamente poco plausibile che tale termine dialettale derivi da una somiglianza con la COLOMBELLA, come si può verificare dalle foto pubblicate, e comunque columbide assai raro nelle nostre zone . Il richiamo al nome di tale specie potrebbe invece essere dovuto al valore alimentare delle sue carni, considerate daI Foschi “... fra le migliori se non la 1migliore "e quindi paragonabili a quelli dei colombi da allevamento.

 
 
 
 
 
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LA FAMIGLIA DEI PICCHI
 
Diciamo subito che parlare dei picchi presenti nel nostro territorio significa essenzialmente parlare di due specie; il picchio rosso maggiore ed il picchio verde, che sono le due specie più frequenti e da tutti (o quasi) conosciute. Il PICCHIO ROSSO MAGGIORE, ALPECC in dialetto, è forse l'uccello più conosciuto senza essere avvistato; e questo dipende dal suo tambureggiare molto velocemente in particolare in primavera quando è alla ricerca del partner; e questo dopo aver scelto con cura il ramo o il tronco che gli offre la miglior risonanza e che gli permette di amplificare il suo richiamo; questo suo tambureggiare è sufficiente per permetterci di accertare la sua presenza in parchi, giardini, ovunque vi siano alberi di alto fusto, anche se poi il vederlo è un po' più difficile anche perché non sempre è facile localizzare con precisione il sua richiamo. E' comunque, se avvistato, facile da identificare: basso ventre saturo di rosso, petto biancastro, due macchie bianche ovali risaltano sulle spalle e sul dorso nero, se poi lo vediamo aggrappato al tronco allora è impossibile confonderlo con altre specie.
Un po’ più grande del precedente, il PICCHIO VERDE e più facile da avvistare anche per la sua abitudine di passare molto tempo saltellando sul terreno; anche il suo canto è molto caratteristico, sembra una sonora e acuta risata che lancia in particolare in volo di trasferimento da un luogo all'altro. Anche questa specie è facile da riconoscere: ali verdi, che sul groppone tendono al giallo, ma in particolare il capo più o meno rosso secondo se maschio o femmina, con bordure nere; ed è questa sua caratteristica che in dialetto gli fa assumere il nome di PECC GARDLEN, identificandolo con il rosso vivo della faccia del cardellino (appunto gardlen). a un suo comportamento gli ha dato una fama piuttosto negativa: è infatti sua abitudine aggrapparsi ai vecchi infissi delle case coloniche (non sempre disabitate) e riempire gli infissi stessi a colpi cli becco, di fori tondeggianti come si può vedere nella foto allegata. E questo non fa certo piacere al proprietario dell'immobile.





Ascolta il verso del Picchio Rosso
Ascolta il verso del Picchio verde
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CODONE
 
CODONE – COLANZ
Nella foto che vedete di fianco viene ripresa una coppia di codoni ed è uno scatto dell’amico Gianluigi Masotti che ringrazio per la sua cortesia e la gentilezza nell’avermi fornito questo suo scatto e per avermi autorizzato alla relativa pubblicazione. Il Codone è una bellissima anatra di superficie assai rara anche se nel periodo invernale, in particolare nei periodi di passo, qualche soggetto compare nelle aree umide della bassa bolognese. Simile nelle dimensioni alle altre anatre di superficie, presenta una livrea snella ed elegante, ali lunghe strette ed appuntite, collo lungo, tutte caratteristiche che gli permettono un volo veloce e rapido tanto da essere soprannominate da alcuni autori “il levriero delle anatre”. Il maschio è inconfondibile, capo e parte superiore del collo marrone, chiaro sui fianchi, poi più scuro sulle ali con piume che tendono. La femmina presenta una colorazione pi+ uniforme nelle tonalità pastello-marrone, più chiara rispetto alle altre femmine di anatre frequentanti gli stessi areali, ma comunque una colorazione che le permette di mimetizzarsi durante la cova. Ma la caratteristica principale e più evidente è la lunga cosa che nel maschio arriva ad essere lunga 10-12 centimetri che tiene spesso rivolta verso l’alto e che ha contribuito all’assegnazione del nome italiano di CODONE. Il nome dialettale di questa specie è COLANZ ed è proprio una derivazione dialettale di questa sua caratteristica fisica CO per coda e LANZ per lancia (coda a lancia).

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GERMANO
 
GERMANO REALE- ZISON (M) - ANADRA SALVADGA (F)
Il germano reale è certamente la specie di anatide più frequente nelle zone umide della bassa Bolognese, anche se rispetto ad anni fa si è notata una discreta diminuzione delle presenze nei diversi periodi dell'anno. L'ornitologo Tommaso Salvadori (1835-1923) scriveva nel suo monumentale trattato" FAUNA D'ITALIA UCCELLI " ... lungo le rive dell'adriatico durante le giornate burrascose, si vedono passare in branchi che si susseguono senza posa". Scene che oggi certamente non vediamo più. Una delle caratteristiche insolite che presenta questa specie è il fatto che l'elenco degli uccelli italiani in uso nell'Ottocento si fregiava di due nomi ben distinti: germano reale per il maschio anatra selvatica per la femmina della stessa specie. Oggi l'elenco ufficiale degli uccelli presenti in Italia ha eliminato questa distinzione, che però e rimasta nel dialetto bolognese. Infatti, in dialetto il germano reale maschio viene chiamato ZISON e la femmina ANADRA SALVADGA.
Ma perché GERMANO REALE? Da dove deriva questo nome? Alcuni ornitologi che si sono dilettati nella etimologia dei nomi degli uccelli asseriscono che il nome GERMANO vada inteso come fratello e questo per l'abitudine dei maschi di questa specie di condividere piccoli spazi isolandosi dal resto del gruppo come se fossero appunto fratelli; mentre l'aggettivo REALE starebbe ad indicare che la specie in parola presenta caratteristiche come il portamento, bellezza, dimensione più evidenti dei coospecifici; ora che il germano sia più bello, più grande, più altezzoso di in mestolone, o di un codone e di altre anatre mi sembra assai improbabile e comunque molto soggettivo Considerando comunque che l'aggettivo reale, fa bella compagnia ad altre specie di uccelli, come il gufo reale o il gabbiano reale o ancora l'aquila reale e che queste specie ornitiche presentano in effetti caratteristiche fisiche più evidenti rispetto ai coospecifici si giustifica l'interpretazione data.
Mentre per quanto riguarda la femmina di germano reale il termine usato in dialetto è NADRA o ANADRA SALVADGA ed è una evidente dialettizzazione dell'antico nome italiano, il nome dialettale ZISON che viene dato al maschio deriva dal sibilo prodotto dalle ali di questa specie durante il volo udibile durante i suoi spostamenti notturni (Riccardo Groppali in UCCELLI: nomi in estinzione)

 
 
 
 
 
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PENDOLINO
 
PENDOLINO - FIASCHETT
Tanti anni fa, quando avevo circa 8-1O anni di età, ricordo che visitai un'area valliva accompagnato da Ninni. un amico di famiglia che era il custode della valle. In mezzo alle canne comparvero alcuni piccoli uccelletti, che facendo un ziiii ziii di richiamo e si arrampicavano sulle canne. Che uccelli sono? Chiesi subito incuriosito. •An al so brisa cum is ciamen in italian, ma in dialetti en di FIASCHETT" (non so come si chiamano in italiano, ma in dialetto si chiamano fiaschett). Per molto tempo non sentii più riportare questo nome. Nel frattempo, avevo imparato che l'uccelletto in parola era un PENDOLINO come riportato nella nomenclatura ufficiale dell'elenco della avifauna italiana. Poi un giorno trovai un nido di questo passeriforme e mi si aprì il cassettino della memoria: vuoi vedere che il nome dialettale che mi aveva suggerito il Ninni era riferito alla tipologia del suo nido che pare proprio un fiashetto? Ma non avevo avuto nel tempo altro riferimento a questo nome, anzi oggi tutti amici interpellati al proposito lo chiamano in dialetto PINDULEN, dialettizzando banalmente il nome italiano.
Oggi sfogliando un vecchio articolo pubblicato sulla rivista· ARCHIGINNASIO nel 1930 relativo a" I nomi dialettali dell’avifauna bolognese" di Gaspare Ungarelli, apprendo che all'inizio del secolo scorso uno dei nomi italiani che individuavano il pendolino era proprio fiaschetto e/o fiaschettone. Anche il DIZIONARIO DIALETTALE ITALIANO DEGLI UCCELLI D'ITALIA di CATERINI UGOLINI Edizioni Diana edito nel 1938 riporta il nome dialettale fiaschettone riferito al pendolino.
Appare quindi verosimile che il nome dialettale dato a questa specie fosse proprio FIASCHET, nome oggi chiaramente estinto come tanti altri nomi dialettali. Ma anche il fiasco/fiaschetto, dopo essere stato per anni il contenitore per eccellenza del vino chianti sulle nostre tavole, risulta ormai un oggetto raro e mi vien da dire da museo.
Nella foto che vedete di fianco viene ripreso un pendolino al nido ed è uno scatto dell'amico Gianluigi Masotti che ringrazio per la sua cortesia e gentilezza nell'avermi fornito questo suo scatto e per avermi autorizza la relativa pubblicazione.

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PIGLIAMOSCHE
 
PIGLIAMOSCHE- PARPAIOL
Il Pigliamosche è un passeriforme, presente nell"areale della bassa bolognese, che può considerarsi poco comune, anche se probabilmente tale peculiarità è determinata più dalla difficoltà nel riconoscimento, confondendolo spesso con altre specie più frequenti. Nella Guida agli uccelli d'Europa, forse la guida più esaustiva fra le tante guide il suo autore, Lars Svenson cosi descrive questa specie:" passeriforme di piccole-medie dimensioni grigiastro-marron, piuttosto magro .privo di caratteri salienti." insomma un uccelletto che non attira proprio le nostre attenzioni. Poi però ci sorprende: fate attenzione e se vedete un •passerotto" sul ramo più esterno di un albero, allo scoperto, oppure su un muretto di una recinzione, o ancora sulla balaustra di una terrazza fermo, quasi immobile con leggeri spostamenti della testa intento a guardarsi attorno, poi lo vedete involarsi, rapido, qualche metro per poi ritornare sullo stesso posatoio allora potete stare certi si tratta proprio di un pigliamosche. È il suo modo di cacciare; in questo breve volo ha catturato una mosca, forse una zanzara oppure una farfallina. Da questo suo comportamento deriva il suo nome italiano: PIGLIAMOSCHE appunto. Ed in dialetto come viene chiamato? Cero sarebbe banale chiamarlo oggi ciapamosch, ma dobbiamo considerare che a fine Ottocento la nomenclatura ornitologica era ancora lontana da una definizione unifica e valida sull'intero territorio nazionale e quindi i nomi assumevano una valenza esclusivamente territoriale E allora? Abbiamo detto che questo uccelletto cattura in volo anche piccole farfalle: e siccome le farfalle in dialetto vengono chiamate PARPAI il nome dialettale diventa PARPAIOL. Cioè, colui che cattura farfalle.

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CODIROSSO SPAZZACAMINO
 
MURET
Nella tradizione popolare si fa, alcune volte, riferimento a specie ornitiche per richiamare ed immaginare situazioni climatiche ed ambientali con proverbi e modi di dire: e così, ad esempio, per il merlo si suol dire che” quand a canta al merel, a sen fora dà l’inveren “ e per la rondine vale il proverbio che per ”San Benedetto la rondine è sotto al tetto” annunciando così l’arrivo della primavera. Nella tradizione popolare, l’arrivo dell’autunno è annunciato, prima ancora che con le prime nebbie ed i primi freddi, con l’arrivo di due specie ornitiche che, da sempre, nell’immaginario collettivo sono legate alla stagione invernale. Parlo del pettirosso, (pitaren dal fred) e dello scricciolo (limalen dal fred). Ma negli ultimi anni, viene sempre più segnalata una terza presenza ornitica che frequenta siepi, parchi, giardini anche molto vicino alle case, sto parlando del codirosso spazzacamino, da non confondere con il codirosso, altra specie, migrante e che trascorre, al contrario, l’inverno in Africa. Il codirosso spazzacamino nidifica in aree montuose, su pendii con detriti rocciosi e pareti con arbusti sparsi e sverna in paesi e città di pianura. È una specie che presenta un evidente dimorfismo dei sessi: la femmina ed i giovani di 1° inverno si presentano con capo e corpo grigio- marron rossiccio mentre i maschi adulti sfoggiano il capo nero ed il corpo che sfuma nelle diverse tonalità di grigio; entrambi vibrano costantemente la coda e presentano un sottocoda rosso-ruggine. E proprio il colore del maschio a determinare il nome dialettale di questa specie; viene infatti chiamato in dialetto muret in virtù del colore nero-grigio scuro del suo piumaggio.

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