Etimologia nomi da facebook pag3 - Bentivoglio e dintorni

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Etimologia dei nomi dialettali degli uccelli della Pianura Bolognese



 
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PICCHIO MURATORE
 
Il PICCHIO MURATORE, un piccolo passeriforme che, nonostante il nome, non ha nulla in comune con i più consunti picchi della famiglia dei Picidi. Da "cinno", già attirato dalla avifauna che vedevo svolazzare attorno a casa, rimasi molto colpito da questo uccelletto che presentava un bel colore blu-grigio sul dorso e camoscio-ruggine sul ventre; ma la cosa che più mi colpì era la sua abilità nell' arrampicarsi lungo ili tronco dell'albero, ma soprattutto quella di scendere a testa in giù e di procedere capovolto sul lato inferiore dei rami. Mi capitò di raccontare questo mio avvistamento ad un anziano, che oggi potrei considerare il mio mentore ornitologico, ed appena gli ebbi raccontato come si muoveva a testa in giù non ebbe dubbi alcuno e mi disse in dialetto" “l'è un SMALTAROL". Per un po' di anni continuai ad ammirare questa specie, che diveniva sempre più rara, avevo imparato che il norne italiano era picchio muratore, poi gli avvistamentii scomparvero; per anni e anni, nei nostri boschi e parchi della bassa bolognese, non ho fatto alcun avvistamento. Ma la curiosità per scoprire l'etimologia del nome dialettale mi è rimasta e così ho scoperto che il grande scienziato Lazzaro Spallanzani, nei suoi diari da Costantinopoli asseriva di incontrare spesso, lungo i viali alberati della città degli SMALTAROLI; quindi, il nome dialettale SMALTAROL poteva essere stata una banale dialettizzazione dell’antico nome. Poi mi sono domandato quale significato potesse avere la parola smaltarolo nell'italiano del Settecento; e con ogni probabilità s1i riferiva a colui che lavora con la malta: oggi diremmo intonacatore colui che intonaca i muri delle case. Il picchio muratore presenta un curioso comportamento: utilizzando per nidificare prevalentemente cavità in alberi, molto spesso i fori dl entrata sono troppo grandi per una specie minuta come picchio muratore e allora ... fa il muratore rimpicciolisce il foro di entrata cementandolo con del fango impastato e lasciando una piccola apertura, conforme alle dimensioni della specie. E allora appare doppiamente pertinente il nome dialettale di questa specie. SMALTAROL
Le foto che vedete allegate sono opera degli amici fotografi LUIGI BASSI e VALERIA MARCHIONI che ringrazio sentitamente per la loro squisita disponibilità.

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GARZETTA
 
Inizio con il dirvi che il nome dialettale maggiormente in uso nella bassa bolognese, della GARZETTA è SGHÈRZA, a volte anche SGHÈRZA CEINA per differenziarla dal più" nobile" airone bianco maggiore; si tratta quindi, assai intuitivamente, di una operazione di dialettizzazione del nome italiano.
La cosa più interessante di questa specie è, forse, il nome italiano: garzetta. Alcuni autori del secolo scorso ritengono che il nome della specie derivi dal termine antico "garza" che stava ad indicare una leggera lana cardata ottenuta con la "garzatura", operazione di finitura dei tessuti, con cui, sollevando la peluria dei tessuti stessi si aumentavano morbidezza e resistenza; tutto questo in virtù del piumaggio ornamentale che le garzette assumono nel periodo riproduttivo evidenziando le candide "aigrettes", che conferiscono alla specie, eleganza e morbidezza.
Questa loro caratteristica è stata la causa di una loro sistematica persecuzione che si verificava durante la stagione riproduttiva per rifornire il mercato della moda; dice lo SCORTECCI: "le garzette adulte, per via delle belle piume a barbe separate che ornano la regione del dorso, vennero un tempo molto insidiate dai cacciatori. In certe zone ne vennero fatte delle stragi"; nel primo ventennio del Novecento queste piume, le aigrettes venivano prelevate uccidendo garzette, e poi impiegate in cappellini ed altri accessori femminili. Il valore economico che raggiunsero questi accessori determinò un vero e proprio sterminio di questa specie. Nel 1902 a Londra vennero vendute aigrettes ottenute da circa 192.000 individui in pieno periodo riproduttivo, la cui uccisione determinò la mancata cova delle uova o la morte di una quantità almeno tripla di pulli privati dei genitori (R. GROPPALI). PER FORTU A CHE LE MODE PASSANO!!!!!

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NITTICORA
 
La nitticora, che appartiene all'ordine dei ciconiformi, è una delle poche specie di aironi che frequentano le aree umide della bassa bolognese; è un visitatore estivo, dove arriva dopo aver svernato in africa; nidifica in colonie (garzaie) e da alcuni anni, se pur senza accertata continuità, anche nelle garzaie attive nei pressi dell'oasi LA RIZZA.
La specie è attiva prevalentemente all'alba o al tramonto, tanto da essere considerata specie notturna restando durante il giorno appollaiata nei dormitori da dove, comunque, si allontana alla prima intrusione. In genere la carne degli aironi non veniva troppo apprezzata (“.... sanno di salmastro e sono immangiabili", afferma ARRIGONI DEGLI ODDI) ma per la nitticora erano ricercati i piccoli che venivano prelevati dai nidi perché, dice lo SCONCERTI " le carni sembrano essere ben accette"
Il naturalista DODERLEIN (1809-1895) ricorda un comportamento crudele: " ... fa d'uopo al primo tiro colpirne una, che si lascia giacente sul terreno, o a galla nell'acqua, perché v'è somma probabilità che i suoi compagni, dopo aver vagato nell'aria, torneranno ad aleggiare intorno ad essa e ricadranno sino all'ultimo sotto i colpi del cacciatore debitamente appostato”.
Diversi sono i nomi dialettali che nelle diverse zone dell'Emilia­
Romagna ( sgers, corv maren,smeral,.... ) quello che ci pare più antico, rappresentativo della caccia di valle è SQUACH SQUACH; Da dove deriva questo nome dialettale?
Appare evidente come il nome dialettale sia onomatopeico al richiamo effettuato in volo.

 
 
 
 
 
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RIGOGOLO
 
Oggi parliamo del Rigogolo, uno splendido uccello che frequenta i nostri boschi, prevalentemente con alberi di alto fusto ed a foglia caduca dove si mimetizza alla perfezione: i pioppeti ed i filari di pioppo cipressino, tipici della bassa bolognese, sono gli ambienti più frequentati da questa bellissima specie.
Il Rigogolo maschio è inconfondibile, giallo brillante con ali e coda nere. La femmina e i giovani sono invece di colore verde-giallo pallido con ali e coda scure; Il suo nome dialettale è ARGHEIB e deriva direttamente dalle voci latine “aureos”= aureo e “gaIbus"= giallo. Nonostante la sua colorazione, riesce a nascondersi in cima agli alberi più alti, rimanendo celato nella vegetazione. Il Rigogolo è riservato e diffidente appena si sente osservato rimane immobile, spiccando il volo soltanto in caso di pericolo. Se ci accorgiamo della sua presenza spesso non è per averlo avvistato, ma per il suo continuo canto melodico che ci spinge a guardare verso il fogliame di alberi. Il suo canto caratteristico e inconfondibile riempie le nostre estati fino a settembre soprattutto nelle ore serali quando si espone di più cercando le cime degli alberi da cui lancia i suoi richiami alla femmina che rimane nel folto degli alberi. Ma, come detto, è difficile vederlo soprattutto a distanza ravvicinata; due sono i momenti migliori per avvistare il rigogolo ed anche per fotografarlo se si ha pazienza, molta pazienza: nella tarda primavera appostandosi opportunamente mimetizzati in prossimità di alberi di gelso con i frutti maturi, ed a fine estate vicino ad alberi di fichi o a cespugli di sambuco, ovviamente dopo aver accertato la sua presenza nei dintorni.

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BALLERINE
 
Parliamo di ballerina bianca e gialla, piccoli uccelli con sessi dalle colorazioni simili, con corpo snello, becco appuntito come tutti gli insettivori, zampe allungate e coda lunga che viene tenuta costantemente in movimento, che corrono e camminano velocemente sul terreno dove catturano le loro piccole prede, afferrandolo, a volte, anche in volo.
Per questi piccoli uccelletti , si sono evidenziati due nomi dialettali: il primo ed anche il più frequente è BUARENA a cui viene poi aggiunto l'aggettivo BIANCA O ZALA a seconda che si tratti di una o dell'altra specie e questo perché frequentano pascoli ed in particolare la ballerina bianca, i letamai (l'aldamera) nelle vicinanze delle stalle e cosi come l'addetto alla stalla " l'è al buer", la ballerina diventa " la BUARENA"; per l'uniformità del comportamento poi la ballerina gialla diventa, BUARENA ZALA; è questo, certamente, il nome dialettale più antico tanto che la ballerina bianca veniva anticamente chiamata bovarina. Per una certa somiglianza, sia nel comportamento che nel colore, anche la Cutrettola viene chiamata, BUARENA ZALA"
L'altro nome dialettale riscontrato, che ci viene da pensare più moderno più "cittadino" è SCUDAZZEINA; e questo termine derivante dalla loro frequente abitudine di muovere la coda (scusser la co')

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Ballerina gialla
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Ballerina bianca
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RONDONE
 
Parlare del Rondone potrebbe essere facile, quello che è difficile, per noi fotografi, è fotografarlo; non è possibile avvicinarlo, non frequenta luoghi pasturati non ha ambienti preferiti i suoi passaggi a fianco di torri o campanili avvengono a velocità elevate lanciando il loro grido.
Detto questo il Rondone presenta caratteristiche interessanti sia come specie ornitica che nella etimologia del nome dialettale. Il rondone (Apus apus), che nelle sere d'estate vediamo sfrecciare nel cielo rincorrendo piccoli insetti (soprattutto zanzare) è un vero atleta: trascorre la vita in volo: volando si nutre, dorme, addirittura si accoppia.
L'etimologia del nome scientifico, Apus apus, significa " senza piede" cosa non vera perché possiede piccole zampette dotate di piccoli ma robusti artigli che servono ad aggrapparsi a rocce e muri (rigorosamente verticali) per ricercare i siti di nidificazioni, ma troppo corte per permettergli di posarsi a terra. Infatti, un rondone anche adulto che erroneamente finisce a terra non riesce a riprendere il volo perché non ha modo di darsi la spinta sufficiente a librare le ali e volare via. Il periodo della nidificazione è l'unico momento in cui il rondone non si trova in volo.
Ma qual 'è il nome dialettale del rondone? Diciamo che storicamente il nome dialettale, che risale ai tempi in cui piccole colonie di questi uccelli nidificavano in molte case coloniche, o stalle e fienili, della pianura bolognese, è SIGLON. Ora guardate la foto della piccola falce: era questo uno strumento indispensabile nelle principali attività agricole dei primi decenni del secolo scorso; serviva ad esempio per mietere il grano, ma anche per capitozzare le barbabietole. In dialetto questa piccola falce si chiama SIGLEINA, Ora guadate la foto del rondone e le due foto che rappresentano una la foto dell'ala del rondone, e l'altra la foto della parte terminale della " sigleina". non sembra che assomiglino? Per i contadini di quel periodo il rondone diventava in dialetto SIGLON!!
Ma nel corso degli ultimi decenni il dialetto, nel bolognese, è sempre meno parlato, in genere i nostri figli non lo parlano ma lo capiscono, ma i nostri nipoti credo faranno fatica anche a capirlo; a questo aggiungiamoci che anche la sigleina è diventata uno strumento quasi da museo della civiltà contadina ed allora il termine oggi usato per indicare il rondone in dialetto è RUNDOC.

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SALTIMPALO E STIACCINO
 
Per parlarvi del Saltimpalo inizio con il raccontarvi una curiosa storia: qualche tempo fa sono entrato in possesso di un libro "il cacciatore bolognese" di un certo Bartolomeo Alberti detto il solfanaio. Il libro è stato pubblicato nel 1930 dopo che era stato ritrovato nella Regia Biblioteca di Bologna. Il manoscritto dell'Alberti, risalente aI 1716, nella sua "prefazione" che chiama modestamente "A CHI E' DILETTANTE DELLA CACCIA” afferma ... “di essere privo di lettere ed infine dell'arte di leggere e di scrivere .....e nominando io gli uccelli, mi sono servito de' vocaboli che qui fra cacciatori bolognesi sono in uso e s'intendono". E fra la cinquantadue specie di uccelli che descrive c'è anche il Saltimpalo che lui chiama BECCASTECCHI; e una delle voci dialettali che abbiamo raccolto per indicare il Saltimpalo è proprio BECCASTECH. Guardando le foto appare evidente il perché di questo nome; è infatti un tipico comportamento della specie quello di posarsi sempre sullo stelo più alto dell'areale di riferimento, da dove si invola per catturare insetti che costituiscono la sua principale fonte di alimentazione. Per affinità di comportamento, ma anche per una notevole somiglianza, anche lo Stiaccino viene chiamato BECCASTECH; Alcuni autori riportano anche il nome dialettale per entrambe queste specie di OC ‘D BO (occhio di bue), ma di questo nome non abbiamo mai avuto alcun riferimento per il territorio della bassa bolognese, ma non sapremmo nemmeno, eventualmente motivare il perché di questo nome. Alcuni autori (Riccardo Groppali ad esempio) riportano il fatto che tale nome dialettale possa essere derivato dalla dimensione dell'occhio per specie così minute oppure, nel caso dello stiaccino dalle evidenti striature bianche che accompagnano l'occhio stesso.
Ma mi sembra un ... aggrapparsi allo specchio!!!!


Ascolta il verso dello Stiaccino
Ascolta il verso del Saltimpalo
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CANAPIGLIA
 
La Canapiglia è un uccello acquatico di dimensioni medio-grandi con collo abbastanza lungo, zampe palmate becco con punta arrotondata, con colorazione differente nei due sessi ed appartiene al gruppo dellle cosiddette anatre di superficie; specie vegetariana e onnivora, cerca iii cibo immergendo solo capo e petto e facendo emergere il posteriore; come tutte le anatre di superficie si alza 'in volo senza "camminare sull'acqua" come invece fanno le anatre tuffatrici. A differenza di altre famiglie di uccelli alle anatre, siano esse di superficie che tuffatrici, non sono stati assegnati nomi dialettali collettivi (come abbiamo visto nel caso dei limicoli il cui nome dialettale veniva individuato non soggettivamente, ma sulla base una caratteristica comune a più specie, da cui GAMBLEN e GAMBELL), ma ogni specie era ben conosciuta e riconosciuta tanto da vedersi assegnato uno specifico nome dialettale; questo anche perché tutte le anatre sono state oggetto di una fortissima e diffusa pressione venatoria per la qualità delle loro carni e nei. periodi di passo ed in inverno nei luoghi adatti venivano fate delle vere e proprie stragi creando di fatto un valore commerciale per ciascuna specie. Era quindi indispensabile, al momento dell'acquisto conoscere ili nome della specie per poter valutare la convenienza del prezzo perché non tutte Ie specie avevano lo stesso pregio alimentare. Ed ovviamente ili loro riconoscimento passava attraverso iii loro nome dialettale.
Il nome dialettale della canapigliia è ALBER (o ALBAR) e pare sia attribuibile alla colorazione corporea ventrale chiara ed alla sua porzione alare bianca evidente durante ii volo , e questo con riferimento al termine latino ALBARIUS (imbianchino o che serve per imbiancare). Non avendo trovato riferimenti fotografici (per la verità non avendo avuto liberatorie per la pubblicazione) di canapiglie in volo con evidenze fotografiche del ventre, si è provveduto a scannerizzare la pagina dello SWENSSON relativa alla canapiglia da cui risulta assai evidente a conferma di quanto detto.
 
 
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PAVONCELLA
 
La Pavoncella è un uccello di media grandezza diffuso in buona parte dell'Europa. Frequenta le pianure, i vasti territori coltivati a campi e zone parzialmente umide, ma la si incontra anche nei pascoli, nella stagione invernale e durante il passo. Fino a qualche decennio fa nel territorio della bassa bolognese era presente prevalentemente nel periodo della migrazione, in particolare quella autunnale; oggi è anche nidificante se pur con un numero ridotto di coppie.
È un uccello elegante, dal portamento oserei dire regale. Le piume del dorso sono nere con riflessi bronzei, rosso-verdi. bianca nella parte inferiore, con il sottocoda marrone e petto nero. La testa molto elegante con il lungo ciuffo (1O cm), largo sopracciglio bianco e becco nero. le ali sono grandi con profilo arrotondato, e spiccano durante iI volo irregolare e sfarfallante, composto da cambi di direzione e accompagnato dal caratteristico richiamo offrendo uno spettacolo molto suggestivo. Spesso si osserva in folti gruppi, sia al suolo che in volo. Il nome di questo volatile è in varie lingue un indizio di sue caratteristiche peculiari. Quello italiano pavoncella, si riferisce al colore del piumaggio del dorso che ha dei riflessi bronzei tipici del piumaggio del Pavone. Il nome inglese Lapwing si rifà alle piroette (in inglese lapping) che il maschio esegue in aria durante la parata nuziale.
Il suo nome dialettale è VANÈTA; un termine dialettale molto comune, considerando che la specie era una preda molto ambita dai cacciatori che oltre a considerarla ottima da un punto di vista alimentare, consideravano" divertente" (sic !!) la caccia a questa specie. Ma una motivazione per definire l'etimologia di questo nome dialettale non la trovavo. Poi mi è venuto in aiuto il libro di BARTOLOMEO ALBERTI di cui vi ho già parlato a proposito del saltimpalo. Nella prefazione al suo manoscritto dichiara: "nominando io gli uccelli, mi sono servito de' vocaboli che qui fra cacciatori bolognesi sono in uso e s'intendono". E fra la cinquantadue specie di uccelli che descrive c'è anche la PAVONCELLA che lui chiama VANNETTA. Appare quindi molto probabile che il nome dialettale della specie, VANÈTA, non sia altro che la dialettizzazione del nome già usato nel 700 dai cacciatori bolognesi.
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