Storia del mulino di Ponte Poledrano (Bentivoglio)

Sulla costruzione del mulino e sugli eventi successivi le fonti storiche non danno molte informazioni fino a quando il mulino e gli altri edifici siti al Ponte Poledrano non passano di proprietà dai Lambertini ai Canetoli, famiglia quest'ultima di primo piano a Bologna tanto da divenire, nei primi anni del '400, i diretti concorrenti dei Bentivoglio nella contesa per il governo della città di Bologna. La storia del Mulino si svolgerà in questi secoli con alterne vicende; infatti, si avranno periodi di grande abbondanza alternati a periodi di abbandono pur in una continuità di attività produttiva. Si potrebbe dividere questo lungo lasso di tempo in tre fasi: la grande espansione bentivolesca (fino al 1506), la regressione fino al XVIII secolo e la ripresa grazie all'opera di Carlo Alberto Pizzardi (XIX secolo). Punti di interesse: LA STORIA DEL MULINO, IL MULINO TRA '400 E '500, IL MULINO NELL'EPOCA PIZZARDI.

mulino di Ponte poledrano Bentivoglio - Bentivoglio e dintorni

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mulino di Ponte poledrano Bentivoglio

 
 
 
 
IL MULINO DI BENTIVOGLIO
a.d. 1352
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La Storia
IL CANALE NAVILE ED I MULINI_________

Il Canale Navile è il principale esempio di sistema idrico "artificiale" che ha caratterizzato per secoli il paesaggio urbano di Bologna e del suo territorio. Dalla chiusa di Casalecchio, risalente al secolo XII, le acque del Reno venivano in parte deviate nel canale omonimo (canale di Reno) ed entravano nel centro storico della città. Nel loro percorso cittadino confluivano in alcuni canali minori (Aposa, Savena, Cavaticcio) oggi in prevalenza sotterranei, per poi dare vita al Navile propriamente detto (vale a dire alla parte un tempo navigabile). Il percorso del canale oggi ha inizio poco fuori Porta Lame e si dirige poi verso Corticella, Castel Maggiore, Bentivoglio e Malalbergo, per confluire, alla fine, nel Reno a Passo Segni dopo un percorso di 36 chilometri circa.

    



IL NAVILE

Il Canale Navile fu costruito nel 1208 e nel tempo costituirà la via preferenziale per i traffici commerciali tra Bologna, Ferrara e Venezia. Il porto, che sorgeva a Bologna fino ai primi anni del XX secolo, nel Medioevo era considerato uno dei maggiori porti fluviali d'Italia. Bologna era dotata di una notevole flotta navale tale da sconfiggere, per il controllo del mercato fluviale, la stessa Venezia nella battaglia di Primaro (1271). Il Navile, alimentato dai canali in uscita dalla città, per superare i dislivelli altimetrici tra Bologna e la bassa Palude Padusa, fu dotato di una serie di chiuse (dette "sostegni") una delle quali (la chiusa del Battiferro) è attribuita al genio di Leonardo da Vinci. Quello di Corticella è l'ultimo porto rimasto attivo fino al 1952 dopo di che è cessata la navigazione sul Navile e le sue acque oggi servono solo per l'irrigazione. L'idea di imbrigliare la forza dell'acqua per azionare macchinari ed utensili risale a tempi remotissimi. La sua applicazione pratica come il mulino viene utilizzata da almeno 2000 anni, fino all'avvento dell'era industriale, cioè dei motori a combustione e dell’energia elettrica, mentre per applicazioni artigianali, ha resistito fino a qualche decennio fa.
Quindi il Navile divenne una specie di "autostrada" su cui viaggiavano mezzi, persone, soldati e merci ma soprattutto fu il motore insostituibile di un enorme attività industriale che rappresentò per secoli il benessere e la sopravvivenza del territorio. Solo la nascita di sistemi di trasporto più rapidi come la ferrovia portarono al degrado e all'incuria degli argini del Navile compromettendone la portata d'acqua e quindi la capacità di trasporto e di forza motrice in grado di muovere i mulini che per secoli aveva alimentato.
Analizzando le quattro foto precedenti si può notare come il canale sia andato sempre più cambiando la sua connotazione, da mezzo di trasporto industriale e turistico a semplice dispensatore di acqua ad uso agricolo.


IL MULINO TRA '300 E PRIMA META' '400 _____________

Il Canale Navile nel suo percorso da Bologna verso Ferrara ed il Po crea cinque anelli e di conseguenza cinque isolotti; il quinto è l'isola di Ponte Poledrano.



È il 1° febbraio dell'anno 1352, il cardinale Androino de la Roche, legato pontificio a Bologna, concede a Guido di Egano Lambertini il permesso di edificare un mulino in una proprietà affacciata sul Navile nei pressi della località detta Ponte Poledrano. Alla data il corso del Navile, in questo punto, si può rappresentare attraverso la figura a fianco. Prima del 1352 non esistevano ancora il Castello e la Rocca come il Mulino non era ancora stati costruiti.

   


Nella seconda metà del Trecento, in questa piccola zona, si verificheranno cambiamenti che saranno determinanti per il futuro dell'intera area; infatti, come si può vedere dall'illustrazione, verranno costruiti il Mulino e poi la Rocca. Sulla costruzione del mulino e sugli eventi successivi le fonti storiche non danno molte informazioni fino a quando il mulino e gli altri edifici siti al Ponte Poledrano non passano di proprietà dai Lambertini ai Canetoli, famiglia quest'ultima di primo piano a Bologna tanto da divenire, nei primi anni del '400, i diretti concorrenti dei Bentivoglio nella contesa per il governo della città di Bologna. I Mulini ad acqua in questi due secoli avevano di molto aumentato la loro capacità molitoria in funzione del grado di industrializzazione che il proprietario intendeva raggiungere. Non abbiamo informazioni probanti sull'effettiva posizione e dimensione del Mulino trecentesco; quindi, possiamo affidarci solo a plausibili ricostruzioni. Naturalmente, come già detto, i mulini variavano a seconda della funzione e della mole di lavoro che dovevano svolgere e della tipologia di utilizzo della forza motrice dell'acqua. Parlando di Ponte Poledrano ci limiteremo ai mulini a ruota verticale e di caratura industriale. Sappiamo che il Mulino di Ponte Poledrano, già ai primi del '400, era dotato di tre "poste " che con Giovanni II diventeranno quattro. Ma cosa vuol dire essere dotati di "poste" o anche di "piarde"? Col termine "posta" si intendeva il punto del corso d'acqua in cui erano allocati 4 ruote di mulino, due per ogni lato del fiume. Quindi se il Mulino di Ponte Poledrano aveva, ancor prima di Giovanni II, ben tre poste, voleva dire che aveva in sequenza 12 ruote (sei per lato del fiume) che muovevano altrettante macine (diventeranno 16 ruote con altrettante macine al tempo di Giovanni II).
È importante sottolineare che anche in questa fase iniziale della storia, tra trecento e quattrocento, il mulino di Ponte Poledrano risultava attivo e molto produttivo, anche se ancora lontano dai rendimenti che otterrà nel periodo legato alla più grande azienda agricola della famiglia Bentivoglio. Nelle tabelle sotto si riportano i dati di produttività di alcuni semestri del mulino nel periodo dei Canetoli. Pur nella sequenza non costante dei dati è possibile farsi un'idea della mole di lavoro che girava intorno al Mulino già ai primi anni del '400, tenendo conto che, con ogni probabilità, non tutta la quantità macinata veniva dichiarata.




Dalla tabella II si può, inoltre, dedurre come i mesi di punta fossero quelli che andavano da luglio a novembre. La tabella nasce dalla consultazione del Dazio delle moliture di Ponte Poledrano per opera di Francesca Bocchi e i dati possono essere presi come stima media della produttività del Mulino anche se, come detto, con Giovanni II si avrà un aumento delle poste e quindi un aumento della capacità molitoria. Il bacino di utenza a cui il mulino attingeva, in questo periodo, si può, con una discreta certezza, ricondurre al Signore che utilizzava il proprio mulino per macinare il grano proveniente dalle proprie terre. Ma analizzando a campione i registri inerenti agli anni 1406, 1407 e 1413 si può constatare che gli utilizzatori del mulino sono anche le comunità limitrofe come: San Giorgio, Saletto, Santa Maria in Duno, Castagnolo, Argelato, Minerbio, Altedo, Cà de Fabbri, Cinquanta, Rubizzano, San Marino in Soverzano, San Marino, Pegola.


IL MULINO TRA SECONDA META' '400 E '700 ___________

La storia del Mulino si svolgerà in questi secoli con alterne vicende; infatti, si avranno periodi di grande abbondanza alternati a periodi di abbandono pur in una continuità di attività produttiva. Si potrebbe dividere questo lungo lasso di tempo in tre fasi: la grande espansione bentivolesca (fino al 1506), la regressione fino al XVIII secolo e la ripresa grazie all'opera di Carlo Alberto Pizzardi (XIX secolo).
Cerchiamo di analizzare più in dettaglio queste tre fasi storiche.

FINO 1506
Siamo usciti dal '300 con il Mulino in mano alla potente famiglia Canetoli e con grandi capacità produttive. La situazione politica in Bologna, in quel periodo, era alquanto agitata, la città vedeva molte fazioni scontrarsi per la supremazia cittadina con eliminazioni, spesso cruente, di nemici ed avversari. La lotta più accesa era proprio quella che contrapponeva la famiglia Canetoli a quella dei Bentivoglio; siamo nel 1428. Senza esclusioni di colpi i Bentivoglio sterminarono la fazione avversaria e ne confiscarono i beni. Così la famiglia Bentivoglio entra in possesso, tra le altre cose, dei mulini posti sul canale Navile (Mulini di Castagnolo Maggiore e Ponte Poledrano). Nell'anno 1441 Niccolò Piccinino, luogotenente generale dei Visconti, donò e quindi ufficializzò ad Annibale Bentivoglio, padre di Giovanni II, il possesso di quanto sopra confiscato quale risarcimento dei danni subiti dalla famiglia a causa dei Canetoli. Tra le varie donazioni sarà compresa la rocca di Ponte Poledrano che rappresenterà la base della Domus Jocunditatis. Nella seconda metà del Quattrocento, quindi, con la presa del potere da parte della Famiglia Bentivoglio, sull'isola avverranno mutamenti notevoli che non solo vedranno la nascita della Domus ma, in particolar modo, si assisterà alla grande espansione della possessione bentivolesca che farà dell'area di Ponte Poledrano la proprietà più rilevante, per economia e per dimensioni, della pianura bolognese.
La piantina nella pagina successiva sintetizza schematicamente la situazione dell'isola a cavallo dei secoli '400 e '500. In particolare, nel disegno si notano la Domus, la Rocca, il Mulino ed infine un nuovo elemento; un piccolo canale che unisce il ramo navigabile del Navile a ponente con il ramo a levante. Tale canale di collegamento nascerà negli ultimi anni del Quattrocento e diverrà, nei secoli successivi, motore per pale di mulino poste lungo il suo corso, oltre a quelle già esistenti sul Navile.


La tenuta di Ponte Poledrano ed il suo Mulino giocarono un ruolo fondamentale nel contesto economico/politico della signoria bentivolesca; producevano ricchezza e rispondevano alle esigenze del Signore nel far fronte all'approvvigionamento in caso di carestie.
Tutto questo si trasformava in un efficace strumento di costruzione e mantenimento del "consenso". Le elargizioni di grano a prezzi politici rendevano il Signore un "padre della Patria". L'acqua muoveva le macine permettendo l'attività molitoria e nello stesso tempo garantiva il trasporto delle merci ed era fondamentale per l'ambiente circostante rendendolo fertile e fonte di prosperità. Che i mulini fossero al centro degli investimenti di Giovanni II è confermato dal fatto che, ai primi del '500, egli ne contava 16 e a questo va aggiunta la sua grande attenzione all'evoluzione tecnologica degli opifici in suo possesso. Il frumento e quindi la farina, la base dell’alimentazione, furono dunque usati quali efficaci strumenti politici e di propaganda e, per questo, il Signore volle rendere omaggio al mulino, al frumento e al pane attraverso un ciclo di affreschi nella sua Domus prediletta (la sala del “Ciclo del Pane").


DAL 1506 ALLA FINE DEL '700

La seconda fase vede la caduta della Signoria e quindi della supremazia della Famiglia Bentivoglio a Bologna. È il 1506, la notte d'Ognissanti. I Bentivoglio, per sfuggire alle rappresaglie della popolazione e di Giulio II, il Papa, si disperdono chi riparandosi (Giovanni II) a Milano e chi come Ginevra a Busseto. La famiglia non si riunirà più poiché Giovanni morirà nel 1508 e Ginevra l'anno prima. Di loro non si conosce la sepoltura.
Cosa succederà al mulino di Ponte Poledrano? Il Castello, gli edifici e le terre furono confiscati e quindi messi in vendita dalla camera apostolica e acquistati per solo 3.000 ducati da Annibale da Sassuno, prestanome di Rizzardo Alidosi, fratello del legato apostolico. Nel 1513 Leone X riconsegnò ai legittimi eredi tutti i beni confiscati che, a quel punto, furono dati dalla famiglia in locazione. L'attenzione che gli eredi ebbero per l'amata possessione bentivolesca non era minimamente paragonabile a quella dell'avo. Infatti, i possedimenti andarono via via dividendosi tanto che alla metà del '700 i Bentivoglio erano solo i settimi proprietari terrieri nel Comune. Il Castello e le terre ritornarono ad una situazione simile a quella precedente alla gestione bentivolesca, con presenza di terre incolte e acquitrinose. La Famiglia stava abbandonando progressivamente i suoi possedimenti nel bolognese per dedicarsi ai più fruttuosi beni nel ferrarese. Il mulino ebbe una sorte decisamente migliore, infatti rimase attivo per tutto il tempo e in particolar modo rimase proprietà dal ramo ferrarese dei Bentivoglio che continuarono ad avere un particolare riguardo per questa remunerativa attività. Grazie al lavoro di Annibale II, figlio primogenito di Giovanni II, e dei suoi discendenti, il mulino protrasse la sua attività fino alla fine del '700.
Nella raffigurazione sotto sono schematizzate le evoluzioni strutturali apportate in questo periodo come il "Mulinetto" attestato sul canale di raccordo, l'Osteria e negozi vari.



Nel 1812, su invito del marchese Carlo Bentivoglio d’Aragona, l'Architetto Angelo Venturoli, si recò nei possedimenti di Ponte Poledrano per effettuare una perizia dello stato delle fabbriche detti "li Molini del Bentivoglio”.
Le attività di verifica iniziarono solo nel 1815 e al Venturoli fu allora affidato il compito di stimare tutti gli interventi necessari a rinnovare e restaurare la tenuta, che comprendeva “il Castello” e le fabbriche, tra cui il mulino. Il Venturoli procedette dunque con i lavori, concentrandosi sull' Opificio. Pur tra controversie finanziarie, i lavori andarono a buon fine con gli ulteriori interventi effettuati nel 1817. In questa data la situazione dell'isola può essere schematizzata come nel disegno a fianco. Con la lettera A si indica il mulino ristrutturato sopra il corso del Navile, mentre con la lettera B si indica il secondo corpo di fabbrica del mulino (mulinetto) attestato sul canale di raccordo anch'esso rivisto nel progetto. Nelle figure di questa pagina sono riportate le piante e le sezioni relative al progetto dell'architetto Venturoli in cui si evidenziano alcuni particolari di grande interesse che caratterizzeranno questo nuovo mulino, fornendogli, in questi primi anni dell’Ottocento, un grande impulso innovativo.



PARTICOLARI COSTRUTTIVI

La pianta ed il prospetto, sotto, fanno riferimento alla parte del mulino a cavallo del ramo est del Navile (A, disegno precedente). In esso sono visibili e numerate le ruote e le relative macine (8).
La pianta ed il prospetto in fondo fanno riferimento invece alla parte del mulino che si attesta sul lato ovest del Navile (quello navigabile) ma che si serve, per il movimento delle sue ruote, del canale artificiale (1500) che univa il lato est con il lato ovest (B, disegno precedente). Su questo secondo opificio sono operative altre quattro macine e due macchine della "valchiera" (identificabili con i numeri 13-14, vedi Appendice C). Sempre osservando i prospetti si può notare come i due corpi di fabbrica si dotino di un secondo piano a copertura dell’intero edificio. Questo innalzamento aveva lo scopo di creare dei magazzini per il grano e il frumento.

EST                                                                                      OVEST 
  
La documentazione è stata gentilmente fornita dalla
FONDAZIONE COLLEGIO ARTISTICO ANGELO VENTUROLI.
Le immagini sono copia di documenti originali dell'Archivio Venturoli e solo parzialmente presentati in questo opuscolo per motivi di spazio.)

Anche i terrapieni di appoggio dei mulini furono rialzati per essere più alti sul livello dell'acqua del canale. Con X rosse sono state indicate, sulle due piante, i coni che convogliavano, per caduta, il grano sulle macine. Altro elemento innovativo è dato dall'adozione di una "turbina" (evidenziata con una freccia rossa) che viene alimentata attraverso una ulteriore deviazione dell'acqua del canale di raccordo.



La foto d'epoca sopra (1870 circa) è il risultato finale degli ammodernamenti apportati ai primi dell'Ottocento. La tenuta fu resa una delle più moderne imprese agricole della regione almeno per tutta la prima metà del XIX secolo. Nel 1817 la possessione di Ponte Poledrano passava di mano divenendo proprietà dei fratelli Camillo e Gaetano Pizzardi e di Benedetto Casazza. Nel 1869 il marchese Luigi Pizzardi diventò unico proprietario della tenuta del Bentivoglio e grazie anche all'ammodernamento dei mulini si aggiudicò il "Premio Speciale d'onore" all'Esposizione Agraria ed Industriale della Provincia di Bologna con la motivazione di essere riuscito a creare un polo industriale qualificato intorno ad un vecchio castello ed un efficiente mulino. L’Opificio della foto riporta nella sua facciata la dicitura "Mulino idraulico e a vapore del Bentivoglio", questo a testimoniare che, alla data, il mulino fu dotato di un motore a vapore atto a supplire la carenza del Navile che già iniziava a presentare difficoltà nel mantenere la portata d'acqua necessaria, specialmente nei periodi secchi.



Nel 1887 si entra nell'era di Carlo Alberto Pizzardi che diede inizio ad una serie di lavori di ristrutturazione del mulino con l'introduzione di macchinari moderni forniti dalla ditta Alessandro Calzoni di Bologna e l'inserimento di quattro moderne turbine Girard ed una Hercules. Nel 1889/90 in contemporanea con gli inizi della ristrutturazione del Castello, ad opera del Rubbiani, anche il mulino cambia faccia. L'edificio viene innalzato di tre piani. (vedi foto sotto).
Si può, inoltre, osservare come la parte di forza motrice data attraverso un motore a vapore continui ad essere presente anche nella nuova costruzione e ciò si evidenzia con una svettante ciminiera che si erge sopra i tetti dell'opificio. Il Navile, sempre più in difficoltà nel dare la forza propulsiva al mulino, costringe Pizzardi a dotarsi di strumenti alternativi. La ciminiera sarà visibile fino alla Seconda guerra mondiale, quando verrà in parte abbattuta.




TRA LE DUE GUERRE _______

1915
Lo scoppio del primo conflitto mondiale creò difficoltà alle attività produttive a causa della mancanza di manodopera dovuta all’arruolamento dei lavoratori per il fronte e per le conseguenti difficoltà economiche del Paese. Il Mulino contrasse la sua operatività limitando la macinazione al solo grano dei singoli privati che portavano il loro prodotto di proprietà. Il nuovo secolo, causa la guerra e gli inevitabili cambiamenti sociali e politici, fu caratterizzato da forti contrasti e tensioni. La crescente protesta contadina, strettamente legata a rivendicazioni sociali e contrapposizioni politiche, coinvolse anche le terre della tenuta, in una sempre più forte ostilità nei confronti di Carlo Alberto Pizzardi, incarnante il ‘vecchio’ padrone agricolo. Tali opposizioni violente si concretizzarono anche nella messa in scena di rappresentazioni denigratorie, come la simulazione dell’impiccagione del Marchese, nel 1910, presso l’aia Donzelli. Questo e altri episodi di contestazione convinsero il marchese ad abbandonare, nel 1911, la sua residenza di Bentivoglio. La conduzione dell'azienda fu data in gestione all'agronomo svizzero Armando De Rahm. Alla morte del marchese nel 1922, avvenuta senza la nascita di eredi, tutti i suoi averi, compresi gli opifici e gli stabilimenti industriali della famiglia, furono donati all'Amministrazione degli Ospedali di Bologna. Nel 1926 entrò in funzione il nuovo mulino, che l’Amministrazione degli Ospedali aveva affidato, per lavori di ammodernamento, alla Ditta Alessandro Calzoni in collaborazione con la Società Anonima Officine Meccaniche (poi Officine Reggiane) di Reggio Emilia.
Allo scoppio della Seconda guerra mondiale e ai successivi eventi catastrofici, l'Italia e quindi anche Bologna divennero oggetto di bombardamenti prima degli Alleati poi degli stessi tedeschi e questa svettante ciminiera, si pensò, potesse essere un simbolo troppo visibile di industria e quindi suscettibile di divenire un facile bersaglio. Tutto questo sembra abbia convinto tutti che abbattere la ciminiera fosse la cosa più saggia. Oggi rimane visibile solo il mozzicone di ciminiera interna al fabbricato.

1945
Alla fine della Seconda guerra mondiale, il 21 Aprile del 1945, l'esercito nazista in ritirata, minò la torre del castello e la parte di mulino posta sia sopra che a levante del corso del Navile e prospiciente alla via Saliceto. Nella foto sotto a sinistra, si evidenzia, con la sovrapposizione di una vecchia foto ed una attuale, che la parte in B/N è l'ala dell'edificio fatta saltare insieme alla torre trecentesca.

    



BIBLIOGRAFIA "IL MULINO"


Il Castello di Bentivoglio a cura di Anna Laura Trombetti Budriesi

Mulini, Canali e comunità della
pianura bolognese tra Medioevo e Ottocento a cura di Paola Galletti e Bruno Andreolli

I Cavalieri della Valle a cura di Salvatore Bianconi

Galleria Fotografica a cura del "Gruppo Fotografico Bentivoglio
e dintorni" e "Bentivoglio Paese"


Le immagini riferite alla ristrutturazione del mulino nell'Ottocento derivano dalla riproduzione di documenti "originali" dell'Architetto Venturoli e sono state fornite gentilmente dalla Fondazione Collegio Artistico Angelo Venturoli. Le immagini sono coperte da diritto d’autore.
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