Storia della Cà Gioiosa

La Cà Gioiosa, la storia, resti archeologici della cà gioiosa

Mulino della Cà Gioiosa - Bentivoglio e dintorni

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Mulino della Cà Gioiosa

 
 
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La Cà Gioiosa
Bibliografia :
Mulini,canali e comunità della pianura bolognese tra Medioevo e Ottocento
a cura di
PAOLA GALLETTI
BRUNO ANDREOLI
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LA STORIA

Si rimane stupiti quando, viaggiando per le strade della bassa, spesso non si notino e così passino del tutto inosservati luoghi di grande interesse storico. Questo è accaduto per il Mulino della Cà Gioiosa. Viaggiando lungo la via Altedo che da San Pietro in Casale porta ad Altedo, subito dopo il ponte sulla Calcarata si incrocia,sulla sinistra (provenendo da San Pietro), la via Cà Bianca. Qui si scopre una vasta zona piatta e, fino ad oggi, cementata che faceva parte del vecchio zuccherificio. Questa area era già importatne nella metà del Trecento essendo qui posizionato un mulino di grande importanza.




La sua storia inizia nel 1358 appena sei anni dopo quella del mulino di Ponte Poledrano (1352) sempre per conto dell'antica famiglia patrizia bolognese dei Lambertini, Signori di Poggio Renatico. Il mulino detto della Cà Gioiosa rimarrà per secoli uno dei più importanti della bassa pianura bolognese ( almeno fino al XVIII secolo). Come a Ponte Poledrano, la Cà Gioiosa era fornita oltre che di mulino, anche di Ospizio ( che con il tempo prenderà il nome di Osteria ) e quindi di stalle per gli animali. I due opifici erano similari anche se il mulino di Ponte Poledrano, posto su di un isola , poteva usufruire della forza motrice diretta del Navile avendo un secondo ramo adatto alla navigazione. La Cà Gioiosa non ha la stessa caratteristica infatti per la sua attività molitoria aveva bisogno di un canale ulteriore (artificiale) che dipartendosi dal Navile passava sotto le sue ruote per poi sfociare nelle valli del Poggio.



Nel disegno del 1658 (sopra) è visibile in basso la biforcazione tra Canale Navile e il nuovo canale di Cà Gioiosa o del Mulino come scritto nella pianta.
Nel disegno del 1740, in basso, questo particolare è meglio evidenziato. Infatti è ben visibile il canale della Cà Gioiosa staccarsi dal Navile nel punto detto "Boccaccio della Cagioiosa". Un altro particolare interessante è dato dal percorso della Calcarata, che in basso a sinistra sembra sfociare in una zona paludosa  per poi riapparire (in alto a destra) con un percorso parallelo al canale della Cà Gioiosa finendo in seguito nelle Valli del Poggio. 




Il Mulino era attestate nella parte a ponente del Canale insieme alle stalle mentre l'Osteria era posizionata tra i due canali. Nella pianta successiva del 1629 si evidenziano meglio questi particolari.



A maggior dettaglio, nell'immagine sotto si evidenzano il mulino e subito sotto la strada che portava al Navile, con i due ponti. Il primo a due archi scavalca il canale della Cà Gioiosa mentre il secondo permetteva il passagio sul Navile. Questo collegamento era molto importante perchè permetteva alle granaglie che arrivavano via barca sul Navile di essere scaricate verso il Mulino.



Nella seconda metà del XV secolo "la Villa rurale Cagioiosa con mulino su Navile" diviene parte del patrimonio bentivolesco come il mulino e la rocca di Ponte Poledrano .
La storia di questo territorio, in periodo bentivolesco, viene approfondita nelle sezioni che riguardano il Castello ed il Mulino di Ponte Poledrano. Quello che qui si può dire è che il Mulino della Cà Gioiosa seguirà la parabola storica della Famiglia Bentivoglio. Con la cacciata della Famiglia da Bologna e dopo un periodo di interregno il mulino ed i relativi annessi resteranno di proprietà dei discendenti diretti di Giovanni II, i Bentivoglio di Ferrara, fino al 1637. In questo anno, infatti, la tenuta della Cà Gioiosa viene venduta con la tenuta delle Tombe ai Boschetti di Modena. La nobile famiglia dei Boschetti rimarrà proprietaria del mulino per circa un secolo fino al passaggio della tenuta ai Varani di Ferrara nel 1736. Nel 1757 la proprietà passa alla Famiglia Magnani e già in questa data le relazioni sullo stato di salute del mulino sono negative tanto da rendere ingiustificate attività di ripristino dell'opificio e deigli edifici circostanti. Nel 1767 la proprietà passa ai Malvezzi Lupari che ne decretarono la fine operativa negli ultimi anni del XVIII secolo.

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LA CA' GIOIOSA OGGI

A seguito dei lavori di scavo necessari alla costruzione, in questo sito, di capannoni industriali si è proceduto a dei sondaggi archeologici preventivi per controllare lo stato del vecchio Mulino ormai scomparso sotto stratificazioni centenarie. I lavori hanno portato alla luce i resti della Cà Gioiosa e di alcuni edifici limitrofi. Un ritrovamento di grande effetto, che ha permesso di rivedere e studiare questo vecchio Opificio e con esso anche le attrezzature in legno necessarie ai movimento delle ruote e delle macine. Ancora interato è l'Ostello o Osteria collocata poco lontano. Di seguito una panoramica di quanto fin qui visibile.

Per la descrizione delle immagini cliccare sulla foto
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UN MULINO RITROVATO
Comitato per Bologna Storica e Artistica

Dalle nebbie medievali in cui era rimasta nascosta, viene riportata alla luce l’affascinante storia del mulino della Ca’Gioiosa.
Situato lungo il percorso del ‘Canale Navile’ tra Bentivoglio e Malalbergo, nell’attuale territorio di San Pietro in Casale, l’edificio detto “Ca’Gioiosa” appare già raffigurato in una raccolta di disegni cinquecenteschi, realizzata da Ignazio Danti in base ai suoi rilevamenti del territorio bolognese. (1)
Il toponimo è chiaramente rappresentato anche in una cartografia, attribuibile al medesimo periodo storico: la Veduta del territorio bolognese, dipinta dallo stesso “tecnico” rinascimentale. (2)
La sua origine però è assai più antica, trecentesca, come attestano le documentazioni del fondo archivistico Dazio delle moliture relative al ‘Molino della Ca’Gioiosa’, conservate nell’Archivio di Stato di Bologna. Nei “Libri di introito dei molini” si trovano documentate le annate 1390-1417, che evidenziano tra l’altro come diverse Comunità del contado (Rubizzano, Gavaseto, Cenacchio, Maccaretolo, S. Alberto, Massumatico, Poggio Renatico, Caprara,
S. Prospero, S. Venanzio, Galliera, S. Vincenzo, Dalmanzatico, Soresano, Tomba Furella, Centanello, Villanova, Castellina, Olmo, Saletto, Tedo, S. Maria in Duno, S. Giorgio, Bondanello, etc.) si rivolgessero a quel mulino per macinare frumento e altre biade, rivelando la notevole importanza dello stesso.
Dalla ricognizione archivistica si può riscontrare come i documenti riportino, sia toponimi di località tuttora esistenti, che di insediamenti ormai scomparsi. Come si è potuto rilevare dall’esame della cartografia storica (Gabella Grossa, Periti agrimensori, Atlante del Ferrarese, Carte del Saccenti e del Casoli, Mappe del Chiesa, Catasto Boncompagni, IGM, etc.) il mulino era ubicato sull’omonimo ‘Canale della Ca’Gioiosa’, derivazione del Naviglio verso le Valli di Ferrara. Posto a levante della fossa ‘Calcarata’, il suddetto canale si innestava nel Canale Navile verso ponente, attraverso una imboccatura detta ‘incile’ o Boccaccio della Cagioiosa.
Il mulino fu costruito dai Lambertini (signori di Poggio Renatico) nel periodo visconteo (durante la signoria di Giovanni da Oleggio), quando con una Supplica al Priore e agli Anziani di Bologna, seguita da un Decreto del 31 Luglio 1358 (Decretum Costruendi Molendini ) “[…] a Guido del fu Egano de’Lambertini, viene concesso di erigere il molino Caziosa […] privilegio per il molino di nuovo da edificare dal med.mo nel Canal Naviglio verso Ferrara di sotto dal Ponte Poledrano, sopra il suo terreno proprio, ovvero dal med.mo condotto […]”(3)
La Ca’Gioiosa fu edificata su progetto dell’architetto Bartolino da Novara, artefice di numerose opere realizzate per le più famose signorie del nord, quali i Visconti di Milano, gli Estensi di Ferrara e i Gonzaga di Mantova, tra la seconda metà del XIV e l’inizio del XV secolo.
Si tratta di un’opera giovanile dell’architetto ed ingegnere militare, che diventerà un celebre progettista e costruttore di fortificazioni e chiese nell’area padana.
Bartolino annovera tra i lavori eseguiti per quelle importanti committenze: il Castello Estense a Ferrara (1385), il Castello di San Giorgio a Mantova (1395), le Rocche Estensi di Finale Emilia (1402) e San Felice sul Panaro (1406) e forse anche il Castello Visconteo a Pavia (1360); oltre a diversi edifici religiosi, in stile gotico lombardo, nel pavese e nel mantovano (tra cui il Santuario di Santa Maria delle Grazie a Curtatone, del 1399).
Il perché della singolare analogia tra il toponimo “Ca’Gioiosa” (attribuito all’oggetto della nostra ricerca) ed i nomi di altre dimore coeve che sorgevano sul territorio (il Zoioso monzese, il castello pavese di Belgioioso e la Ca’Zoiosa mantovana, dove nel 1423 Vittorino da Feltre fonderà la sua scuola umanistica) si può presumibilmente far risalire ad un medesimo filo conduttore: lo stesso progettista per tutte le opere caratterizzate da quelle denominazioni così particolari, determinate senza dubbio dalla influenza che la letteratura francese aveva sulla nostra, ma suggerite forse addirittura da colui che soggiornò a lungo (e proprio in quegli anni) presso le corti dei Visconti… …Francesco Petrarca.
Nel 1461 i Sig.ri Lambertini ottengono dal Card.Angelo Reatino Legato di Bologna, “[…] la Concessione di fare un ospizio nella casa detta La Caziosa esente dal dazio del Retaglio e del Scarmigliato della Città, e contado di Bologna […]” (4)
L’edificio dove aveva sede l’Ospizio (che in seguito prenderà il nome di osteria) era ubicato a levante del mulino, tra il Canale della Ca’Gioiosa e il Naviglio. L’Osteria della Ca’Gioiosa resterà ancora in funzione durante il Seicento, ma intorno alla metà del Settecento non sarà più attiva.
Nella seconda metà del XV secolo “la villa rurale Cagioiosa con un mulino sul Navile” diviene parte del patrimonio bentivolesco, insieme al palazzo delle Tombe (presso Maccaretolo a S. Pietro in Casale), al mulino e al castello di Ponte Poledrano (la domus jocunditatis dei Bentivoglio) ed alle altre numerose residenze di campagna di proprietà della famiglia.
Più precisamente, in un atto del primo dicembre 1481, viene riportata la “[…] Compra del Sig. Giovanni Bentivoglio da Floriano Cazzalupi e da Egano Lambertini, di un molino posto nella Terra di Gavaseto, contado di Bologna in luogo detto La Cagiojosa, e d’una casa e terre poste in detto Luogo […]” (5)
In seguito, dal 1506, dopo la cacciata di Giovanni II Bentivoglio (signore di Bologna) dalla città, “il sopraddetto molino, casa e terre poste nel sudd.tto Luogo” resta di proprietà degli eredi Bentivoglio di Ferrara (suoi discendenti diretti) fino al 1637: Annibale II (figlio primogenito di Giovanni), Ercole (figlio di Annibale), Cornelio (nipote di Ercole), per giungere infine ai figli di quest’ultimo, il Cardinale Guido ed il Marchese Enzo.
Nei Taccuini del Perito Agrimensore Francesco Martinelli, si trovano la Relazione e le Piante (1629) della “Tenuta de’Beni delli Ill.mi Sig.ri Card.le e Marchese Bentivogli nel contado di Bologna in luoco d.tto le Tombe et Prove et Casagioiosa […] Molino detto alla Casagioiosa da tre poste con cavana, orto […] Casa a uso di ostaria, frabbaria et beccaria con tezza, pozzi, forni, prato e campo con ponte levatore, sopra il canale delli sig.ri Bentivogli […]” (6)
La Tenuta viene poi venduta ai Boschetti di Modena, come si legge in un documento datato undici maggio 1637 “[…] Mandato di procura fatto dalli Sig.ri Card. Guido M.se Enzo F.lli Bentivoglio […] a vendere li Beni posti in luogo detto le Tombe, Prove, e Cagioiosa nel Territorio di Bologna al Sig. M.se Giacomo Boschetti […]” (7)
La nobile famiglia modenese resta in possesso del mulino per quasi un secolo, quando passa alla proprietà Varani di Ferrara. Come si può desumere da un documento del maggio 1736 in cui si fanno alcune osservazioni in merito al Canale Naviglio “[…] Avere detto Canale nella parte inferiore prima di arrivare allo Sbocco della Bova di Malalbergo un gran diversivo per il Canale detto della Casa Gioiosa che serve per il Molino presentemente goduto da’ SS.ri Varani non essendovi presentemente gli altri due diversivi, cioè uno per il Molino della Pegola e l’altro per quello di Malalbergo per essersi questi resi inutili […] (8)
Nel 1757, il mulino, dopo quattro secoli di attività molitoria, appartiene alla famiglia Magnani.
Lo rivelano le “Mappa e Relazione del già Molino Varani, detto la Cà giogiosa”, redatte dal Perito Bernardo Gamberini, incaricato dalla Sig.ra Mar. sa Elisabetta Bentivoglio Magnani di valutare un eventuale ripristino del mulino in questione “[…] Ho ritrovato che il prefatto Molino è di Due Poste a Ruota, una Macina Grano, l’altra Formentone. E siccome sono tre anni incirca, che rimane inoperoso specialmente per motivo della cattiva qualità dell’Edificio, esse sono state tolte giù d’opera, e si vedono ammassate dentro la bottega del Molino […]” (9)
Quando, a partire dal 1767, verranno eseguiti nella bassa pianura alcuni lavori di manutenzione per contenere il dissesto idraulico, si realizzerà la costruzione del “risoratore” alla Ca’Gioiosa, che servirà per espurgare il fondo del Navile dai depositi e per bonificare la valle del “Cicognino”.
Intanto la proprietà del mulino era passata ai Malvezzi Lupari, come viene indicato in due documenti della Gabella Grossa (datati 1767 e 1774). Ma in un disegno del ‘Nuovo Regolatore’ o ‘risoratore’ (detto successivamente ‘Chiavicone Ca’Gioiosa’), eseguito dal Perito Agostino Ciotti alla fine del ‘700, viene indicata anche la “Canaletta del già Molino Ca’ Giojosa”, lasciando presupporre che, verso la fine del XVIII secolo, il nostro mulino avesse ormai cessato la sua attività.
Attualmente l’antico edificio presenta uno stato di conservazione di notevole degrado. Tuttavia, è tuttora esistente nell’area del vecchio zuccherificio Aie (che è già stato completamente demolito).
Mi auguro perciò che il manufatto architettonico (anche se rimaneggiato rispetto all’assetto originario ed in condizione semi-ruderale) non venga abbattuto, ma possa essere salvaguardato con un adeguato intervento di restauro conservativo, visto l’importante ruolo che ha ricoperto per secoli.


NOTE
1- Mario Fanti, Ville castelli e chiese da un libro di di- segni del Cinquecento (ms. Gozzadini, 1578, Bologna, Biblioteca Comunale dell’Archiginnasio) Bologna 1967,
n. 279.;
2- Ignazio Danti, Bononiensis Ditio, 1581, Roma, Musei Vaticani, Galleria delle Carte Geografiche.
3- Archivio di Stato di Ferrara, Fondo Bentivoglio, Re- pert. de’Stabili.
4- Ibidem
5- Ibidem
6- Archivio di Stato di Bologna, Periti Agrimensori, Tomo terzo delle piante e relazioni di Francesco Marti- nelli (fine sec XVI-1645).
7- A.S.Fe., Fondo Bentivoglio, cit.
8- A.S.Bo., Gabella Grossa, Visite al Naviglio (1623- 1788).
9- A.S.Bo., Fondo Malvezzi Lupari (1746-1793).
Angela Abbati


 
 
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