L'ibis sacro (Threskiornis aethiopicus Latham, 1790) è un pelecaniforme della famiglia dei Treschiornitidi. Vive nell'Africa subsahariana, in Iraq e anticamente in Egitto, paese in cui adesso è praticamente estinto[1], dove
era venerato come simbolo del dio Thot.
Uccello caratteristico, si presenta con un piumaggio uniformemente bianco (presentante alcuni riflessi verdi o bluastri[2], zampe, becco e coda nere. Si registrano alcuni casi di melanismo[3].
L'ibis sacro ha una taglia abbastanza grande: è lungo infatti sui 56-69 cm con un peso di 1-1,9 kg e un'apertura alare di 112-123 cm[4].
Come tutti i ciconiformi, vola con le ali aperte e le zampe slanciate[5] (in modo particolarmente simile alla cicogna bianca[6]) e, proprio osservandolo durante questo movimento, si può notare il sottoala, di un bianco meno chiaro rispetto a quello del piumaggio.
L'ibis sacro frequenta una grande varietà di ambienti: di preferenza, si trova in paludi, fiumi e acquitrini[7], ma si spinge anche fino ai margini delle città e alle coste marine[8].
Ha una distribuzione abbastanza ampia: essa abbraccia tutto il continente africano a sud del Deserto del Sahara[9] (escludendo tuttavia le altre aree desertiche) e parte del Medio Oriente (fino all'Iraq[10]), regione dove, come già riferiva Gould, è abbondante[11]. Si riscontra vicino ai grandi fiumi, come il Nilo, il Niger, il Tigri e l'Eufrate[12]
Storicamente diffuso in Egitto (era sacro al tempo dei Faraoni), dal XIX secolo[13] è totalmente scomparso da quella zona, a causa della caccia che gli è stata data, anche se a volte qualche individuo è trovato nel delta del Nilo[14].
In tempi recenti, l'ibis sacro è stato introdotto anche in altri luoghi, tra cui la Francia, l'Italia (nel sud, Sicilia compresa[15], anche se si rinviene in alcuni luoghi del nord, come il Parco naturale delle Lame del Sesia, presso Vercelli, ove pare essere arrivato spontaneamente[16]), la Spagna e la Florida, dove è presente in buona quantità[17].
La popolazione degli ibis è calcolata in centinaia di migliaia[18] di individui, il che, insieme alle grandi capacità di adattamento di questa specie, la pone molto lungi dall'essere in via di estinzione.
Tassonomicamente, non è diviso in alcuna sottospecie.
Come gli altri rappresentanti del genere Threskiornis, a dispetto degli altri ibis, è prevalentemente una specie diurna, attiva da poco dopo l'alba sino al tramonto[19].
Si riunisce in grandi gruppi, che possono superare le 100 unità, ma che durante il periodo dell'accoppiamento toccano i 4-500 esemplari[20]
Nonostante a volte mangi semi o alghe[21], l'ibis sacro è prevalentemente carnivoro: caccia, prevalentemente in acqua pesci, invertebrati, serpentelli e batraci[22], non disdegnando nemmeno le carogne[23]. La sua tecnica è piuttosto semplice: fissata la preda prescelta, l'ibis la segue con lo sguardo e, alla prima occasione propizia, la afferra con una beccata precisa, ingoiandola intera[24].
L'ibis sacro è stato anche osservato intento a ghermire i giovani coccodrilli appena nati o persino le uova e i piccoli delle tartarughe marine, nel momento della schiusa, sulle spiagge africane[25].
La riproduzione avviene in estate, tra giugno ed agosto: gli ibis sacri si riuniscono nei succitati grandi gruppi e i maschi si formano un harem di femmine, tentando pure di sottrarle ai rivali, sfidandoli in incruente lotte, formate da gonfiamenti del petto e gorgheggi striduli col solo scopo di intimorire l'avversario[26].
L'ovodeposizione consiste in 1-5 uova (nella maggior parte dei casi 2 o 3[27]), covate esclusivamente della femmina, che si occupa anche di nutrire i pulcini. I giovani ibis sacri si rendono indipendenti a 4-5 settimane di vita, e a 20 sono in grado di riprodursi[28]. Possono vivere sino a 18 anni[29].
L'ibis sacro, nidificando in colonie, viene a contatto con altri volatili, affini ad esso come abitudini. Sul delta del fiume Okavango, durante i periodi d'abbondanza ittica, sono state viste battute di caccia degli ibis con altri uccelli acquatici come umbrette, pellicani, aironi, cormorani e aninghe[30].
La specie non ha nemici abituali in natura, anche se talvolta può subire la predazione da parte dei pitoni, di qualche uccello rapace o soprattutto dei coccodrilli[31], mentre i nidacei rischiano di cader vittima dei serpenti, dei varani e anche dei babbuini, allo stesso tempo avidi razziatori di uova[32].
L'ibis sacro pare essere un animale abbastanza antico: reperti fossili rinvenuti in Malawi hanno testimoniato l'esistenza dell'animale già 2 milioni di anni fa[33]. Un milione di anni prima, è fissato il punto di scissione tra aironi ed ibis, confermando la vicinanza tra questi due gruppi di volatili[34]. I 3 milioni di anni sono un'inezia in confronto al fatto che la divergenza uccelli-rettili avvenne 205 milioni di anni fa[35].
All'interno del genere Threskiornis, due sono le specie morfologicamente più simili all'ibis sacro: Threskiornis bernieri, ibis sacro del Madagascar, che si distingue semplicemente per avere le punte delle ali nere e dimensioni leggermente inferiori (a volte classificato infatti come sottospecie di T.aethiopicus[36]), e la forma australiana Threskiornis molucca, ibis bianco australiano, più massiccio dell'ibis sacro.
Una terza specie simile all'ibis sacro, Threskiornis solitarius, l'ibis sacro di Réunion, incapace di volare, si estinse nel XVIII secolo[37].
L'ibis sacro era una animale fondamentale nella religione egizia, dato che la sua immagine era, con quella del babbuino, associata al dio Thot, simbolo dell'intelligenza e rappresentato anche con un ibis nel suo geroglifico[38]:
Considerato allo stesso momento utile (divorava serpenti e carogne) e puro (beveva solo acqua limpida e pura, usata poi dai sacerdoti per funzione rituale[39]), l'ibis sacro era considerato intelligente per lo sguardo sempre fermo sull'obiettivo e le posture eleganti[40].
Gli ibis erano allevati in grandi spazi aperti[41] per poi essere uccisi, mummificati e messi in anfore da dare ai fedeli che invocavano una grazia a Toth[42]. Lo stesso avveniva col falco, simbolo di Horo, e migliaia di falchi ed ibis "pronti all'uso" vennero rinvenuti nella necropoli di Hermopolis Magna[43].
Ciò, però, ha fatto venire un dubbio agli archeologi, facendo pensare che tantissime varietà di animali sacri venissero allevate solo per poi essere uccise a scopo sacrificale: la questione, nonostante i vari ritrovamenti, è ancora dibattuta[44].
Plinio il Vecchio, infine, nel X volume della Naturalis historia, parla di come gli ibis venissero invocati contro le incursioni dei serpenti e addirittura addomesticati dalla popolazione contro gli stessi[45] e del fatto che più volte i sacerdoti fermarono epidemie di peste immolando agli dei un ibis sacro[46].
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