Parlando del Castello di Bentivoglio abbiamo più volte, in capitoli precedenti, descritto come la sua storia sia stata tormentata. Momenti di grande gloria e susseguenti periodi di abbandono. Abbiamo raccontato come la morte di Giovanni II Bentivoglio e la fuga della Famiglia da Bologna abbia consegnato il castello alla decadenza. Divenuto abitazione di contadini e operai del vicino Mulino, ospitò al suo interno magazzini e sovrastrutture legate alla lavorazione del riso e non solo. La Domus perde una intera ala (quella ovest) facendo della sua corte d’onore una piazza aperta. Dobbiamo arrivare alla fine dell’Ottocento per vedere rinascere l’antico maniero grazie all’opera di Carlo Alberto Pizzardi che con l’aiuto di Alfonso Rubbiani ridarà al castello l’antico aspetto, liberandolo dalle abitazioni e da quanto ne alterava l’antico profilo architettonico. Poi la Prima Guerra Mondiale, poi la Seconda con il Castello che diviene un ospedale e un convalescenziario con le conseguenze di nuovi deterioramenti. Non ultimo la distruzione, da parte dei tedeschi, della trecentesca torre a completare questo nuovo periodo di decadenza.
Il dopo-guerra vede il Castello ancora luogo di stoccaggio di tutto il materiale proveniente dal Mulino, diventa la sede di una riseria nell’ala nord, gestita dal Signor Carini fino al 1988, una fabbrica di marmellate nell’ala sud; quindi, era in atto una seconda versione pre-Pizzardiana fino all’avvento del Prof. Cesare Maltoni, direttore dell’Istituto di Oncologia “F. Addarii” del S. Orsola, e Luigi Orlandi allora Presidente degli “Ospedali di Bologna”.
Nella ricerca di un luogo adatto ad impiantare un grande laboratorio per effettuare saggi di cancerogenesi, nell’inverno del 1971, la scelta dei due cadde su una proprietà ospedaliera nella campagna bolognese, il Castello di Bentivoglio, che tuttora ospita l’Area di Ricerca dell’Istituto Ramazzini, Cooperativa sociale creata nel 1987 e nella quale sono confluiti nel 2009 i laboratori di ricerca del Castello.
Solo negli anni ’90 del secolo scorso, vengono per fortuna acquisiti dalla Soprintendenza di Bologna i fondi necessari al restauro del castello così come lo vediamo ora. Infatti, in una fredda domenica mattina del dicembre 1994, tre uomini sulla sessantina, tutti incappottati, arrivarono al castello di Bentivoglio. Erano Cesare Maltoni, oncologo di fama internazionale, Andrea Emiliani, illustre storico dell’arte, e Elio Garzillo, sovrintendente alla Belli arti e al Paesaggio della regione Emilia-Romagna. I tre vagavano per il castello e ogni tanto si fermavano per discutere. Durante quell’incontro fu deciso di partecipare ad un bando del Ministero dei Beni Culturali per un finanziamento a fondo perduto di lavori di consolidamento e di ripristino del castello. Era la sopraintendenza di Bologna stessa a chiedere i fondi e, quando arrivarono i finanziamenti, a gestire il progetto e il coordinamento. Lo studio dell’architetto Pier Luigi Cervellati ne curò il progetto globale e la direzione lavori, con l’intenzione di chiedere nuovi finanziamenti sulle parti da completare negli anni successivi, a mano a mano che si procedesse con gli stati di avanzamento. E così è stato. Attualmente sono in corso lavori di bonifica e restauro della cappella e prossimamente anche la grande Sala dei Galli, o del Cinema (dato l’uso nel dopoguerra), vedrà presto l’inizio dei lavori.
La scelta del Castello come sede dei laboratori si rivelò una scelta fortunata anche per il nostro paese. Non solo Bentivoglio diventò famoso nel mondo proprio per le ricadute internazionali che i risultati delle ricerche ebbero sulla salute pubblica a livello internazionale, ma vi sono state anche importanti ricadute a livello economico. Decine di addetti, soprattutto donne, vennero impiegati nell’accudimento degli animali, nei servizi (ricordiamo il mitico Vaccari che con il suo camioncino rosso si occupava ogni giorno dello smaltimento dei rifiuti) e nelle attività di ricerca.
Certamente la buona collaborazione con il Comune favorì lo sviluppo del Centro, attraverso i diversi sindaci che si sono succeduti: Gianfranco Montanari, Fabrizio Sarti (che è stato anche Presidente dell’Istituto Ramazzini), Vladimiro Longhi, Erika Ferranti e Alice Fabbri attualmente.
Il Castello è periodicamente aperto al pubblico ed è diventato patrimonio culturale del territorio e oltre.
Qui, grazie alle immagini forniteci dall’archivio dell’Istituto Ramazzini vorremmo documentare come il Castello sia tornato a nuova vita grazie a questa fortunata scelta senza la quale non sappiamo quando e come sarebbe stato possibile recuperare quanto rimasto della vecchia struttura. Il confronto fotografico ne è testimone.